sabato 3 dicembre 2011

Filippo Juvarra

Un doveroso chiarimento. A scanso di equivoci, la citazione-titolo di questo blog è una frase pronunciata da Filippo Juvarra, uno di quei personaggi contro cui a Torino ci si sbatte il naso ogni volta che si gira un angolo. Ma allora, chi era costui? Probabilmente tutti spaete che si trattava di un architetto. Forse pochi sanno che si tratta di uno degli architetti più importanti per quegli anni in Europa. Il buon Pippo proveniva da Messina, e si fa largo in quel di Roma come architetto e scenografo grazie al sostegno del super-cardinale Pietro Ottoboni, per descrivere il quale diremo semplicemente che fu il padrino di battesimo di Pietro Trapassi - ergo Metastasio. Insomma un nome, un programma. Era evidentemente già noto Juvarra allorché Vittorio Amedeo II di Savoia, giunto in Sicilia nel 1714 per prendere possesso dell'isola, conseguentemente agli accordi di pace che avevano chiuso quell'anno la guerra di successione spagnola, volle chiamare il 35enne architetto a Torino per dare nuovo volto alla città divenuta capitale di un regno. E Juvarra era talmente vulcanico che in effetti produce una quantità sorprendente di progetti per la "nuova" città. Peccato che per uno Stato in continua attività belligerante come quello sabaudo il problema più grande era trovare i soldi per meraviglie così dispendiose: tanto che, di tutto ciò che fu progettato, solo una parte possiamo oggi apprezzarla in città. 
Allora vediamo questi capolavori juvarriani:
- facciata e scalone di Palazzo Madama: "applicata" all'edificio tardogotico per mascherarne la vetustà, è uno degli ambienti che personalmente prefersico
- dentro Palazzo Reale, la scala "delle forbici" che porta al secondo piano e il cabinet alla cinese del primo piano
- la facciata della chiesa di Santa Cristina, in piazza San Carlo
- San Filippo Neri, in via Maria Vittoria, poco oltre il museo egizio
- la parte finale del campanile del Duomo
- Palazzo Birago di Borgaro, in via Carlo Alberto, davanti al palazzo della Provincia (dal Pozzo della Cisterna)
- la chiesa della Madonna del Carmine, in via del Carmine 3, nel quadrilatero
- la Basilica di Superga, sulla collina della città
- la Palazzina di caccia di Stupinigi
- la Galleria Grande, la chiesa di Sant'Uberto e le scuderie+citroniera nella Reggia di Venaria Reale. 
Ciò che di significativo c'è da comprendere per le architetture juvarriane, ciò che salta più all'occhio, è il sapiente utilizzo che Juvarra fa della luce, che diviene elemento architettonico e al tempo stesso protagonista dello spazio: da qui l'uso delle grandi vetrate e soprattutto l'uso del colore chiaro, novità assoluta rispetto alla ridondanza di colori di matrice romana praticata negli interni alla fine del '600. La semplicità, il rigore, la sobrietà (che va tanto di moda) sono le cifre stilistiche di uno dei maggiori architetti di sempre. Tutto da godere.

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